La sentenza con cui la Corte Costituzionale rigettato il ricorso sul caso dei giornalisti dell’ufficio stampa della Regione Siciliana apre uno spaccato su un possibile – enorme – danno alle casse regionali. Che il Codacons chiede sia pagato – subito – dai responsabili delle scelte censurate.

Al momento del rinvio alla Consulta del processo per la riassunzione dei due addetti stampa più anziani, i due giornalisti e il loro avvocato, in conferenza stampa avevano spiegato che in caso di rigetto, il loro reintegro sarebbe costato alla Regione – in base alle norme della giurisprudenza sul lavoro – oltre un milione di Euro. Una cifra che si sarebbe –paradossalmente – almeno triplicata, se la legge fosse stata giudicata incostituzionale. E nessuno ha mai smentito né il ragionamento, né i conteggi. Che vanno allargati ai 21 casi in discussione.

 

La questione è piuttosto semplice: il governatore ha licenziato tutti e 21 i giornalisti della presidenza sostenendo che fossero stati assunti fiduciariamente. Ma la legge e i contratti stipulati qualificano il rapporto – lo ha confermato il tribunale di Palermo – come “subordinato e a tempo indeterminato”. E quindi soggetti a immediato reintegro sul posto di lavoro.

Ma Crocetta e i dirigenti della presidenza, durante il processo, hanno invocato l’illegittimità della legge regionale che – secondo la loro tesi – non avrebbe previsto un concorso pubblico. Inducendo cosi’ il tribunale a presentare il ricorso alla Corte Costituzionale.

 

Il Codacons fin dal primo momento ha segnalato l’irrazionalità e la “pericolosità” di questo ricorso, di cui non si è mai compreso l’obiettivo ultimo. Se infatti la legge regionale fosse stata dichiarata incostituzionale, la Regione avrebbe si’ potuto legittimamente licenziare i giornalisti, ma si sarebbe autoaccusata di truffa aggravata. Proprio per averli assunti senza averne titolo. L’amministrazione regionale, insomma, qualunque fosse la valutazione della Consulta, avrebbe perso comunque. Con costi enormi.

La Corte adesso ha scritto una ordinanza che tutto sommato peggiora il giudizio di “temerarietà” del ricorso. Il processo dinanzi al tribunale del lavoro deve infatti valutare la legittimità dei licenziamenti. Non delle assunzioni. Ecco perché la Consulta ha considerato le tesi di Crocetta sostanzialmente “fuori tema”, dichiarando il ricorso inammissibile.

 

“Chi pagherà i danni di questa lunga serie di “leggerezze”? La risposta è semplice: il governatore, che ha firmato – senza averne titolo – i licenziamenti; la sua giunta di “tecnici” esterni, che – unanimemente – non ha eccepito; l’ufficio di gabinetto e la segreteria generale, che hanno predisposto gli atti; la direzione del personale, infine, che li ha adottati senza eccepirne la legittimità”.

“Alla Corte dei Conti basterà rintracciare i nomi e i cognomi di chi ricopriva gli incarichi nel dicembre 2012 e fare una semplice divisione. Il costo dell’arroganza del potere – o della ignoranza delle leggi, che è peggio – non puo’ in alcun modo ricadere sui SICILIANI. Ma deve ricadere su politici e dirigenti che – nonostante i lauti stipendi – commettono errori cosi’ gravi”.

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