Gli eventi che hanno preceduto l’insediamento del Consiglio camerale della Camera di Commercio di Catania, e, ancor più, quelli che hanno caratterizzato la prima adunanza, testimoniano l’errore di fondo nel quale inopinatamente si è cacciato il sistema delle imprese.

L’Ente camerale è un ente pubblico locale, non territoriale, dotato, per effetto del decreto legislativo n.112/1998, di autonomia funzionale.

Esso, cioè, nell’intento del legislatore, non è un Ente locale territoriale governato dalle regole che caratterizzano questa categoria; ove, quindi, per effetto della partecipazione universale dei cittadini residenti nel territorio interessato, mediante il sistema dei partiti e attraverso la rappresentanza assicurata da libere elezioni, insistono, appositamente previste da leggi, statuti e regolamenti, posizioni di maggioranza e minoranza che si fronteggiano.

La Camera di Commercio è fondamentalmente il luogo dove appropriatamente trovano voce le diverse categorie associative del sistema economico locale, al fine di pianificare, programmare ed attuare interventi mirati a concorrere insieme alle altre istituzioni territoriali locali e nazionali allo sviluppo delle attività economiche in coerenza con la necessità di rispettare un equilibrato sviluppo del territorio di riferimento.

Pertanto, non è ammissibile che si possano costituire forme di maggioranza che tendano ad escludere dalla partecipazione alle forme articolate di governo dell’Ente camerale categorie e settori produttivi. Chiunque lo immagini tende a confondere i ruoli ed a scimmiottare quanto avviene nella politica anche se in sedicesimo e attraverso furbesche scorciatoie, che comunque, come abbiamo visto, hanno ormai vita fin troppo breve.

Tuttavia, nessuno può credere di costruire percorsi che determinino nuove fasi commissariali in dispregio delle aspettative dei soggetti economici presenti sul territorio ed in contrasto con il dovuto rispetto alle Istituzioni.

Non abbiamo partiti da difendere che non siano quelli delle giuste ragioni dei cittadini, i quali hanno diritto, specie in un momento così difficile per la vita del Paese, a potere contare sulla solidità delle Istituzioni e sulla loro capacità di operare compiutamente.

L’esperienza consumata, oltre a bruciare (naturalmente aldilà delle persone interessate) due candidature che in questi mesi si sono rincorse dietro le quinte, nella migliore esperienza della cattiva politica, ci induce a credere che ci sia lo spazio perché vengano espresse nuove ipotesi che abbiano la capacità di raccogliere un corale consenso, prima che su edulcorati e rituali programmi, su persone che incarnino davvero lo spirito nuovo che deve caratterizzare il

futuro della Camera di Commercio.

In questo contesto, bisogna guardare oltre le cosiddette grandi categorie, se non altro per sfrondare il campo dal perdurare di sterili, quanto incomprensibili ai più, polemiche (che hanno finito inevitabilmente per aggrovigliarsi su se stesse) e riuscire a trovare, rimanendo salvo il diritto sancito della rappresentanza delle quattro grandi categorie produttive (commercio, industria, agricoltura e artigianato) in seno alla Giunta, una candidatura a presidente fra le altre componenti del Consiglio camerale.

Se tutti abbiamo davvero a cuore ciò che l’Ente camerale rappresenta, dobbiamo avere il coraggio di osare, anche per il determinarsi di una fase in cui, senza vincitori e

 

vinti, si ricostruisca il percorso di un virtuoso dialogo fra le categorie economiche che permetta di guardare al futuro con la speranza di un vero autentico e forte cambiamento, per il bene di tutti.

 

FRANCESCO TANASI SEGRETARIO NAZIONALE CODACONS

CONSIGLIERE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI CATANIA

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui